L’ultimo episodio di violenza ai danni di un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Foggia, al quale un detenuto con un pugno ha rotto un dente e ha spaccato le labbra è l’occasione per il Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, per sottolineare come la struttura sia «la più disastrata della nazione. Lo ha certificato nei giorni scorsi il sottosegretario alla giustizia onorevole Dal Mastro in visita presso il penitenziario di via delle Casermette. Proprio per questo l’onorevole, come avevano fatto in precedenza politici, capi Dap ecc. ecc.), prese dei precisi impegni per riportare il carcere su un binario di correttezza e legalità. Purtroppo ad oggi – evidenzia il segretario del Sappe Federico Pilagatti – non abbiamo visto nulla se non l’aumento del sovraffollamento che ha portato la presenza dei detenuti a circa 680, mentre i posti sono appena 360 e i poliziotti appena arrivati non sono riusciti a rianimare l’esiguo organico, anche a causa delle continue aggressioni ai lavoratori che mettono fuori gioco tante unità».
L’ultimo grave episodio, appunto, ieri pomeriggio quando “l’agente di servizio nella sezione detentiva invitava i detenuti che erano all’aperto, a rientrare nella propria stanza per le operazioni di controllo e conta”. A quel punto uno dei reclusi “senza alcun motivo – spiega – iniziava ad inveire dicendo che non sarebbe entrato, e poi vigliaccamente sferrando un pugno improvviso nei confronti del lavoratore che gli faceva perdere l’equilibrio. Fortunatamente sono arrivati altri poliziotti che hanno difeso il collega che poi è stato accompagnato presso il pronto soccorso del locale nosocomio con un dente rotto, labbra spaccate ed una prognosi di 7 giorni”.
Pilagatti ricorda che il suo sindacato «da mesi, se non anni, denuncia la completa illegalità presente nel carcere di Foggia tra il disinteresse dell’amministrazione centrale e regionale che, a tre anni dalla clamorosa evasione, non ha fatto nulla, lasciando il carcere senza un comandante e con il personale sfiduciato ed anche impaurito, poiché il coraggio e la professionalità possono decretare la condanna a morte».