«Come spesso accade ultimamente, il presidente recita tutte le parti in commedia. In politica è sia maggioranza che opposizione. Oggi sul trattamento di fine mandato scrive una lettera a se stesso, perché è forse necessario ricordare che prima di essere Presidente è consigliere regionale. Emiliano avrebbe dovuto rispondere a tutti i cittadini, a quelli che rappresentiamo e gli hanno rivolto un appello, e invece si rivolge ai consiglieri e ai partiti».
È il commento della segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, alla missiva inviata alla vigilia del voto in Consiglio regionale sulla norma che reintroduce il trattamento di fine mandato, a margine della conferenza stampa indetta dalle oltre 60 associazioni, partiti, movimenti che si oppongono a quello che è stato definito da tutti «un provvedimento inopportuno».
Nel primo pomeriggio Emiliano aveva diffuso una lettera aperta ai consiglieri regionali di tutti i partiti e schieramenti politici per cercare di convincerli a non approvare il provvedimento nell’assemblea regionale già convocata, che riguarda il trattamento di fine mandato degli stessi membri del consiglio.
«Sui toni e sui contenuti della lettera – ha aggiunto Bucci – c’è poco da dire. Abbiamo detto che siamo di fronte a un atto che nuoce alla democrazia, che allontana ancor più politica e istituzioni da quei cittadini che attraversano un momento di crisi inflattiva che si è abbattuto sui redditi da lavoro e pensioni, dal costo dei beni di prima necessità ai mutui triplicati alle utenze domestiche. Non si può confondere, artatamente, il diritto al trattamento di fine rapporto di un lavoratore – ha evidenziato – al trattamento di fine mandato di un rappresentante delle istituzioni. A mio avviso è un’operazione politica vergognosa se andiamo a guardare poi le dimensioni degli indennizzi che già sono percepiti mensilmente».
«Tutte le sigle delle categorie produttive ritengono sbagliata quella norma», ha affermato Annabella Cascione, vice presidente di Confindustria Bari e Bat. «Il sistema produttivo dalla pandemia alla guerra ha attraversato una fase di forte sofferenza, tante le imprese che hanno chiuse, tanti imprenditori hanno dovuto reinventarsi, abbiamo fatto anche noi i conti con aumento materie prime ed energia. C’è sfiducia nell’autorevolezza delle istituzioni, della politica, lo testimonia la partecipazione al voto. E allora questo è il momento di fare un gesto opportuno come cancellare quella misura e dedicarsi a priorità molto più urgenti».
Come ha ricordato il presidente dell’associazione La Giusta Causa, l’avvocato Michele Laforgia, «qui nessuno vuole cavalcare l’antipolitica, anzi abbiamo paura che si allarghi la distanza. Dovrebbe preoccuparsi in primis di questo Emiliano: va bene, discutiamolo pubblicamente, spieghiamola alle persone la ragione di questo atto”.
Difficile forse, «considerato che l’indennità che percepiscono è tra gli 11 e 12 mila euro al mese. Circa 144mila euro l’anno – evidenzia – fanno in cinque anni fanno 722mila euro. Pensare che questo costituisca un pregiudizio per chi impegnato in politica non accantona il proprio Tfr lavorativo è argomento francamente difficile da digerire. Al netto che non tutti sono dipendenti. Questo poi è un paese dove si discute se non sia troppo prevedere un salario minimo di 9 euro lordi all’ora, circa 1200 lordi al mese», ha ricordato Laforgia.
«Come teniamo assieme queste due cose? È una questione di dignità della politica. Tutti dobbiamo avere un atteggiamento responsabile, specie chi ricopre funzioni pubbliche, da svolgere con dignità e onore, dice la Costituzione. Serve allora maggiore accortezza».