«Mantenere stabile il finanziamento della sanità da parte dello Stato significa necessariamente decidere di curare meno persone e farlo con tecnologie obsolete. Purtroppo il documento di economia e finanza appena presentato dal governo va in questa direzione: dal 6,6% del PIL che utilizziamo oggi si passerà progressivamente ad un 6,2% nel 2025. Ma non preoccupiamoci, perché, se il Pil cresce, chi avrà soldi potrà curarsi bene spendendo del suo. La ciambella, insomma, qualcuno la mangerà. Il buco sappiamo da chi sarà pagato».
Così l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, che su Facebook fa una riflessione sul finanziamento della sanità, in particolare quella pugliese.
«Sono giorni che si dibatte del buco nel bilancio della sanità. Inutile dire che la strumentalizzazione politica, in casi come questo, a tutto serve tranne che a capire come effettivamente stanno le cose», sottolinea allegando alcuni grafici. «Due dati per tutti – chiarisce Lopalco – La Puglia, a fronte di un livello di spesa per il Covid assolutamente in linea (direi, anche più virtuosa) con le altre regioni italiane, ha ricevuto 205 milioni in meno di rimborso dallo Stato. Questa cifra, da sola, giustificherebbe il famoso buco. Per il caro energia, stessa storia: la Puglia riceve dallo Stato quasi 3 milioni di euro in meno».
«A questo va aggiunto che, nello stesso periodo, è stato applicato il contratto collettivo di lavoro (nazionale) che ha permesso un sia pur risicato aumento degli stipendi. Altra voce molto costosa. Altre spese pazze? La Puglia ha deciso di internalizzare il servizio 118. Significa che tutti quegli operatori, medici e infermieri, che prima lavoravano senza garanzie, ora sono dipendenti del servizio sanitario. E’ costato? Si. Era giusto farlo? Rispondete da soli. La sanità pubblica costa e con il passar degli anni costerà sempre di più e non perché siamo spreconi. Costerà di più – chiosa – perché i cittadini da curare saranno sempre di più a causa dell’invecchiamento della popolazione e perché le tecnologie sanitarie migliorano e costano sempre di più».