Ricorrono oggi sei anni dalla strage dei treni sulla tratta delle Ferrovie Bari Nord, gestite da Ferrotramviaria tra Corato, nel barese, e Andria, nella Bat, del 12 luglio 2016. In quella occasione morirono 23 persone e una cinquantina rimasero ferite.
Oggi alle 9.30 si terrà un evento commemorativo sui binari, al chilometro 51 nel luogo della tragedia. Saranno presenti i sindaci di Andria Giovanna Bruno e di Corato Corrado De Benedittis. Alle 11, nell’orario del tragico impatto tra i due treni che si scontrarono nella tratta a binario unico, ci sarà silenzio, come preannunciato dal sindaco di Andria, Bruno su tutto il cantiere dell’interramento ferroviario, oggetto di lavori di scavo, che si interromperanno per mezz’ora. Alle 11:06, ora esatta dell’incidente, mentre le campane della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Corato rintoccheranno in memoria delle 23 vittime, nella stazione ferroviaria della stessa città barese, l’Amministrazione comunale deporrà una corona di fiori, alla memoria. Alla stessa ora, l’assessore coratina Luisa Addario, in sostituzione del sindaco, sarà presente, assieme ai rappresentanti dei comuni delle vittime dell’incidente, alla deposizione di una corona di fiori davanti alla lapide commemorativa situata lungo il perimetro della fontana monumentale di Piazza Moro a Bari. Alle 19:00, i familiari di Luciano Caterino e di Francesco Ludovico Tedone, le due vittime coratine della tragedia, ricorderanno i propri cari con la celebrazione di una messa, rispettivamente, nel Duomo – Chiesa di Santa Maria Maggiore e nell’uliveto ‘Novemilachilometri’, in via Bracco, incrocio Matababbo (Sede Komorebi). Sabato scorso ad Andria, dove risiedevano molte delle vittime, c’è stata una celebrazione di suffragio nel cortile dell’Oratorio salesiano.
«Una ferita che fa tanto male. Che niente potrà cancellare», ha scritto nei giorni scorsi il sindaco Bruno. «Il ricordo di quel caldo e drammatico giorno di luglio resta vivo nella mente e nel cuore della comunità cittadina», si legge nella pagina Facebook del Comune di Corato. «La nostra terra con la sua quotidianità fu d’un tratto colpita da una ferita che, ancora oggi, resta aperta e tutt’altro che rimarginata».
Nei giorni scorsi nell’aula bunker del carcere di Trani si è tenuta una udienza del lento processo in corso davanti alla corte di Assise a carico di 18 imputati, 17 persone fisiche e la società Ferrotramviaria. Sono stati ascoltati alcuni consulenti della difesa. Nei primi mesi dell’autunno inizieranno le discussioni delle parti al termine delle quali è prevista la sentenza. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, dei reati di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni gravi colpose, omissione dolosa di cautele, violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e falso mentre la società Ferrotramviaria, imputata come persona giuridica, risponde dell’illecito amministrativo dipendente dai reati commessi da vertici e dirigenti. Parti civili nel procedimento, solo nei confronti dei 17 imputati (persone fisiche), sono la Regione Puglia, i Comuni di Corato, Andria e Ruvo di Puglia e le associazioni Acu e Anmil, oltre ai parenti delle vittime e ai passeggeri sopravvissuti. Tra gli imputati i vertici e i dirigenti della Ferrotramviaria, i capistazione di Andria e Corato e l’unico capotreno sopravvissuto.
A determinare lo scontro probabilmente fu un errore umano nel sistema del cosiddetto blocco telefonico, cioè la comunicazione telefonica (tramite fonogramma) tra le due stazioni, ritenuto obsoleto e insicuro dalla Procura di Trani. Ma anche, secondo l’ipotesi accusatoria, una serie di concause e leggerezze organizzative e la mancata applicazione da parte della società di aggiornati sistemi di sicurezza, in particolare il segnalamento automatico Scmt (sistema di controllo marcia treno) che consente di sopperire in tempo ad eventuali errori umani o tecnologici. Il bilancio della tragedia fu aggravato dalla velocità che si raggiungeva in quel tratto e dalla circostanza sfortunata che uno dei due treni al momento dell’impatto aveva appena lasciato una curva. I due macchinisti si ritrovarono davanti all’improvviso l’altro convoglio e poterono fare ben poco per evitare lo scontro frontale. Il raddoppio della linea, ovviamente, avrebbe evitato la tragedia.