Il 29 marzo il premiar Draghi si è recato a Napoli per visitare la città -che lo ha lasciato incantato- e per portare alle casse comunali un po’ di soldi.
I napoletani si sa sono molto coloriti nelle loro espressioni di giubilo e qualcuno di loro lo ha contestato, appunto in modo molto colorito. Come mai -si saranno chiesti i leghisti di governo- non sono contenti? i meridionali non sono forse per definizione accattoni? Adesso che gli portano i soldi su un piatto di argento non sono contenti? Ma che vogliono? Tutte domande che attestano il muro di incomprensione che separa le due italie.
Dietro quei coloriti contestatori esiste un numero non precisabile di scontenti anche loro molto arrabbiati. Scontento che i media non ospitano e quindi sembrano non esistere ma che ci sono come il fuoco sotto la cenere che attende solo di esprimersi in salutare fiammata incontenibile. Questa reticenza nasconde anche un’altra questione fondante del nostro futuro: come fare a sistemare la questione economica del singolo comune come quello di Napoli e di buona parte del sud? Esiste un altro modo che non quello di dare dei soldi alle amministrazioni locali, almeno a quelle più disastrate? È di assoluta evidenza che questa dirigenza locale, nazionale e comunitaria non ha nessuna idea di come affrontare la questione delle amministrazioni locali né, tanto meno dell’economia meridionale, e quindi riescono solo a immaginare un trasferimento di danari (sempre più pochi) per mantenere in vita le amministrazioni amiche. Peraltro il nuovo sindaco non ha presentato altro nella sua recente campagna elettorale che mendicare questi soldi e, anche se votato da pochi e poco entusiasti napoletani, rappresenta il meno peggio e quindi così deve andare; meglio non è stato possibile.
Invece la gravità della situazione amministrativa partenopea dovrebbe costituire un grandissimo campanello di allarme per tutta l’Italia e segnatamente delle categorie degli studiosi di cose politiche ed economiche; campanello di allarme che indica la assoluta insufficienza delle loro ricette. Né è credibile che il Pnrr (novella bacchetta magica) risolva d’incanto tutto. Le persone comuni e specie quelle meno avvezze alla terminologia economica capiscono senza bisogno del conforto dei burotecnocrati di casa nostra o europei, che lo sviluppo indotto dalle iniezioni di danaro proveniente dalle istituzioni è uno sviluppo deviato verso alcuni e non a vantaggio di tutti e comunque almeno in parte drogato. Al contrario di quanto pensano loro, per ogni posto di lavoro serve un datore di lavoro possibilmente solvibile; e se la classe media e la piccola impresa è dedita solo alla raccolta di danari da contribuire al calderone pubblico non avremo mai un futuro promettente né per le imprese né per i lavoratori. Né la grande impresa dedita come è alla meccanizzazione, robotizzazione, digitalizzazione ecc. ecc. potrà mai sostituire neanche in piccola parte il ruolo delle imprese minori nel dare lavoro. E Napoli è la capitale mondiale delle imprese minori.
Quindi caro Presidente specie dopo la utile visita delle catacombe napoletane, conviene ricordare Totò e la sua “Livella” e quindi tornare con i piedi per terra, lasciar perdere velleità di grandezza con guerre e mondialismi vari; il sud non ha bisogno di soldi altrui gli basta essere liberato dalle burocrazie e dalle razzie che subisce (stratosferica quella della energia e delle banche); dopo di che potremo pagare sia i debiti accumulati dalla dissennata amministrazione dei passati decenni sia trainare il resto d’Italia fuori dalle secche in cui è caduta in cui continua a sprofondare.
E senza di noi tutti saranno, come sono, spacciati.
CANIO TRIONE