Facebook: risarcito l’utente cancellato ingiustamente perché inneggiava a Mussolini

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Non si tratta di politica ma del diritto di pubblicare post senza oltrepassare i limiti della pubblica decenza. Che piace o meno il diritto è sacrosanto.

Se un utente viene ingiustamente bannato da un social network, può ottenere il risarcimento danni per sospensione delle relazioni sociali.

È quanto ha stabilito la Corte d’Appello de L’Aquila con sentenza n.1659/2021, in conferma del giudizio già espresso dal Tribunale di primo grado. Il ricorso presentato da Facebook, infatti, ha fornito l’occasione per stabilire diritti e doveri che derivano dall’iscrizione al social network.

Il caso è singolare perchè tratta la questione “Mussolini” ovvio. Ma dobbiamo restare nei fatti e leggere le motivazioni.

In seguito alla pubblicazione di post inneggianti a Mussolini ed esprimenti una chiara appartenenza politica, Facebook aveva deciso di sospendere un’utente per oltre quattro mesi; senza contare le altre occasioni in cui la sospensione era stata eseguita per violazione degli standard della comunità.

Nel giudizio di primo grado, l’utente aveva ottenuto un risarcimento per danni morali di 15.000 €. Esaminato il ricorso presentato da Facebook, e dopo aver ridimensionato il risarcimento a 3.000 €, i giudici di appello hanno stilato un lungo elenco per motivare la decisione.

In breve è bene sapere come è  bene ricordare che al momento dell’iscrizione si stipula un contratto, e che in quanto tale vi sono doveri reciproci. In questo modo, il social network mette a disposizione una community e il proprio mezzo in cambio dei dati personali dell’utente. L’uso del mezzo, però, può essere vincolato da regole che possono prevedere la rimozione e sospensione degli account; reso possibile in quanto la piattaforma non è un bene essenziale, e quindi la società proprietaria può decidere regole per il suo corretto utilizzo. Queste regole, però, devono servire come mezzo per valutare attentamente se un contenuto è effettivamente offensivo o contrario agli standard specificati.

Detto ciò i giudici hanno ritenute fondate le prime sospensioni dell’account in esame, per altri fatti, in quanto basate su contenuti e commenti lesivi dell’altrui reputazione. Per quanto riguarda le successive, si riferisce a “Mussolini” però, le corte ha ricordato che «la mera pubblicazione di una foto con un commento che si limita all’espressione del proprio pensiero non si ritiene sufficiente a violare gli standard della comunità».

L’invito rivolto alle piattaforme, quindi, è di porre più attenzione alle segnalazioni e sospendere account solo nel momento in cui questi violano davvero gli «standard della community».

Disse E.B. Hall: « disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo»

Franco Marella

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